Il dato è allarmante: solo il 43% dei dipendenti italiani considera il proprio luogo di lavoro un ambiente eccellente.
Lo rivela l’European Workforce Study 2025, una ricerca su quasi 25.000 lavoratori in 19 Paesi europei, condotta da Great Place to Work e citato da AGI-Agenzia Italia in un articolo del 25 gennaio 2025.
Con questa percentuale, l’Italia si colloca all’ultimo posto in Europa, dietro persino a Paesi spesso considerati meno avanzati dal punto di vista economico, come Cipro (53%), Polonia (47%) e Grecia (44%).
Al vertice opposto della classifica, troviamo i Paesi nordici: Danimarca (75%), Norvegia (73%) e Svezia (68%), ben al di sopra della media europea del 59%.
Non si tratta solo di benessere percepito, ma di un elemento con impatti concreti: la soddisfazione dei dipendenti è strettamente correlata alla produttività delle aziende e, in senso più ampio, alla competitività di un’intera nazione.
- Le ragioni del divario tra Nord e Sud Europa
Perché l’Italia si trova in fondo alle classifiche europee sul benessere lavorativo?
Lo studio individua dieci fattori chiave alla base dell’insoddisfazione:
- Mancato apprezzamento da parte dei manager.
- Dialogo poco autentico tra leadership e collaboratori.
- Scarse opportunità di riconoscimento speciale.
- Retribuzione percepita come iniqua.
- Esclusione dalle decisioni su modalità e luogo di lavoro.
- Favoritismi nelle nomine.
- Welfare aziendale debole o assente.
- Comunicazione inadeguata su inclusione e diversità.
- Scarsa meritocrazia nelle promozioni.
- Redistribuzione degli utili poco equa.
Nel confronto internazionale, i Paesi nordici si distinguono per una cultura aziendale basata su fiducia, rispetto, inclusione e autonomia.
Non è un caso che questi Paesi abbiano anche livelli di produttività più elevati.
In altre parole, la soddisfazione dei dipendenti non è un lusso: è un vantaggio competitivo.
- Il punto critico: la leadership
Uno dei dati più significativi è quello relativo alla fiducia nella leadership: solo il 44% dei lavoratori italiani si fida dei propri responsabili, contro una media europea del 55% e punte del 64% in Danimarca.
La qualità della leadership – fondata su credibilità, equità e rispetto – emerge come determinante per la soddisfazione e la performance dei collaboratori.
Ancora più preoccupante è il dato sulla cosiddetta “leadership di prossimità”: la capacità dei manager di essere vicini, empatici e autentici.
Solo il 42% dei leader italiani riesce a costruire un rapporto di fiducia e autonomia con il proprio team. Un valore tra i più bassi d’Europa.
- Il costo dell’insoddisfazione
L’insoddisfazione dei collaboratori ha costi tangibili: aumento del turnover, calo della produttività, disimpegno, clima interno deteriorato.
Ma ha anche un impatto invisibile ma profondo: la perdita di fiducia nel cambiamento possibile, che spesso porta i lavoratori a rassegnarsi o a cercare opportunità altrove.
Secondo lo studio, solo il 4% dei dipendenti si dichiara soddisfatto in contesti dove manca una leadership affidabile, mentre la percentuale sale all’89% nei “Best Workplaces” europei.
Un divario di 85 punti percentuali che dovrebbe far riflettere ogni imprenditore e dirigente.
- Il coaching come leva di cambiamento
In questo contesto, il coaching si presenta come uno strumento concreto ed efficace per invertire la rotta.
Il coaching non è una formula magica, ma un processo strutturato che aiuta le persone – e in particolare i leader – a sviluppare consapevolezza, ascolto, empatia, responsabilità e capacità di agire con coerenza e autenticità.
È un allenamento alla relazione, prima ancora che alla performance.
Attraverso percorsi di coaching individuale e di team, le organizzazioni possono:
- Migliorare il clima relazionale.
- Potenziare le competenze dei leader nella gestione emotiva e comunicativa.
- Rafforzare il senso di appartenenza e il coinvolgimento dei collaboratori.
- Favorire l’innovazione culturale, oltre che tecnologica.
- Una nuova cultura del lavoro è possibile.
Come sottolinea Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia, “non basta l’innovazione tecnologica per rilanciare la produttività: serve costruire organizzazioni fondate sulla fiducia”. Una fiducia che non si improvvisa, ma si costruisce giorno dopo giorno con ascolto, coerenza e vicinanza.
Il coaching è una delle strade più promettenti per accompagnare leader e organizzazioni in questo percorso.
Non è un lusso, ma un investimento strategico per il futuro del lavoro in Italia e in Europa.
È tempo di smettere di considerare le persone come “risorse” e iniziare a vederle come relazioni da coltivare.
E il coaching, in questo senso, è il terreno fertile da cui può germogliare un nuovo modo di lavorare, più umano, produttivo e sostenibile.
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