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Il 29 Ottobre scorso, guardare le ciminiere della centrale termoelettrica di Piombino cadere in pochi secondi, sapendo di aver condiviso anni di vita con quell’impianto, suscita una nostalgia profonda e una gratitudine inaspettata.

Non solo per le grandi strutture e i macchinari, ma per tutto ciò che quell’impianto ha rappresentato per me e per coloro che hanno lavorato con dedizione per farlo funzionare.

La centrale di Piombino è stata la mia casa professionale per anni.

Sono entrato inizialmente come responsabile dei servizi di staff, allora si chiamava Capo Sezione Controlli Tecnici, un ruolo che mi ha permesso di comprendere il valore del lavoro coordinato e la forza delle persone.

Ho imparato a conoscere e rispettare ogni reparto, ogni operaio, ogni ingranaggio umano che contribuiva a mantenere in vita quel colosso industriale.

Con il tempo, sono cresciuto professionalmente e sono arrivato a ricoprire il ruolo di direttore dell’impianto.

È stato un cammino fatto di sfide tecniche, di soluzioni ingegneristiche studiate per garantire il massimo dell’efficienza, ma anche di momenti umani intensi e indimenticabili.

In una centrale termoelettrica sono utilizzate tutte le conoscenze dell’ingegneria e della tecnica: dalla chimica, alla meccanica, all’elettrotecnica, all’elettronica, alla normativa ambientale e di sicurezza sul lavoro.

Uno degli impianti più complessi, un’esperienza e una visione di grandissimo respiro. 

Ricordo ancora le giornate e i momenti di emergenza che ci richiedevano la massima prontezza.

Ma è stata proprio questa intensità, legata da un obiettivo comune, a creare una squadra, con immancabili conflitti e litigi, ma anche affiatata e animata dalla passione per il lavoro e per il proprio ruolo.

Ogni volta che le turbine giravano e tutto sembrava finalmente in equilibrio, era come una piccola vittoria condivisa, era un sollievo. In un certo senso, siamo cresciuti insieme, tra successi e difficoltà.

Uno degli aspetti più importanti e impegnativi del nostro lavoro è stato sempre la sicurezza.

L’ambiente era altamente rischioso, ma non c’era giorno in cui non fossimo tutti consapevoli della responsabilità che avevamo verso noi stessi e verso chi lavorava al nostro fianco.

Ogni procedura, ogni protocollo, erano lì per garantire che ognuno potesse lavorare in un ambiente sicuro.

La safety, per noi, non era solo una parola o un obbligo burocratico, ma una cultura, un modo di pensare e agire.

I sistemi di sicurezza erano sempre aggiornati e costantemente verificati, e investivamo molto per garantire che tutto funzionasse come previsto.

Il nostro obiettivo non era solo la produzione, ma la produzione in sicurezza, assicurandoci che ognuno tornasse a casa ogni sera.

E poi c’era il servizio alla comunità, un tema che troppo spesso viene dato per scontato.

Molti pensano che l’energia elettrica esca semplicemente come per magia dalle prese di casa, senza considerare il lavoro, la complessità e le risorse dietro a ogni singolo watt prodotto e consumato.

La nostra centrale, con le sue ciminiere visibili a chilometri di distanza, ha fornito a migliaia di famiglie una qualità di vita superiore, garantendo la continuità energetica di case, scuole, ospedali, aziende e servizi pubblici.

Mi è capitato di leggere commenti negativi sull’impatto visivo delle ciminiere nel Golfo di Follonica e il sollievo nel vederle cadere, critiche che spesso ignorano il grande contributo che quell’impianto ha dato al benessere della comunità.

Senza quelle ciminiere o altre simili, la vita che oggi molti conducono con tutti i comfort moderni sarebbe impensabile.

E questo era un valore per noi: sapere che il nostro lavoro non si limitava alla gestione tecnica dell’impianto, ma si traduceva in un servizio concreto alla comunità, una fonte di energia e stabilità per il territorio.

La decisione di demolire le ciminiere di Piombino è arrivata con la forza inevitabile dei tempi.

Il mondo cambia, le tecnologie si evolvono e le centrali termoelettriche come quella lasciano il posto a impianti più sostenibili.

È una necessità, e la accetto, ma non posso nascondere che fa male.

Veder crollare le ciminiere che erano parte del nostro orizzonte quotidiano è come dire addio a un vecchio amico, a un pezzo di me stesso.

Oggi, mentre guardo con malinconia le immagini della demolizione, ripenso a tutte le esperienze vissute e alle lezioni apprese.

Ho imparato quanto conti la precisione tecnica, ma soprattutto quanto siano importanti le persone che stanno dietro alle macchine.

A tutti i colleghi e collaboratori che hanno condiviso questa strada con me, va il mio più sentito ringraziamento. Ognuno di loro ha lasciato un segno nella mia vita, e nella storia di questa centrale.

Così, mentre il rumore della demolizione risuona nell’aria, desidero rendere omaggio a ciò che l’impianto di Piombino è stato per tutti noi e per la comunità intera: non solo un luogo di lavoro, ma un’esperienza di crescita, di vita, di progresso e di energia.

E, anche se le ciminiere non ci sono più, l’impronta che hanno lasciato rimarrà per sempre nel nostro cuore.


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