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Introduzione

Nonostante l’incessante lavoro per stabilire linee guida, protocolli, moduli, burocrazia, consulenze etc. etc., gli incidenti sul lavoro continuano ad accadere. 

Anche il 2023 in Italia ha visto il permanere degli stessi numeri degli anni precedenti come incidenti sul lavoro in generale e anche come incidenti mortali.

Quest’ultimi lievemente aumentati negli ambiti prettamente professionali, escludendo cioè quelli in itinere.

E quindi? Come agire? Cosa possiamo fare di più? Cosa manca?

Nel tessuto complesso della nostra esistenza, s’intrecciano innumerevoli fili di regole e norme che delineano i confini della sicurezza.

Tuttavia, è in questo scenario che i bias cognitivi emergono come una lente attraverso cui esaminare l’azione umana.

D’altronde è necessario scendere nel profondo della condotta umana se vogliamo dare una risposta ai problemi della safety, visto che diversamente non si risolve.

È stato questo il mio intento nel descrivere i bias più comuni che riguardano una nuova prospettiva sulla natura degli incidenti e sulle strategie per prevenirli attraverso il safety coaching.

In questa ricerca della sicurezza, i bias cognitivi sono delle chiavi per comprendere il comportamento umano e affrontare le sfide che esso presenta.

Bias e Infortuni

I Bias cognitivi sono stati identificati e studiati soprattutto da Daniel Kahneman, premio Nobel 2002, nell’ambito dell’economia comportamentale, e rappresentano delle distorsioni sistematiche nella nostra capacità di elaborare le informazioni e prendere decisioni.

Queste distorsioni possono influenzare il modo in cui percepiamo il mondo, valutiamo le situazioni e facciamo scelte. 

Nel tessuto pulsante delle aziende italiane, si scontrano quotidianamente due realtà: da un lato, il duro confronto con i costi degli infortuni sul lavoro, un fenomeno che, purtroppo, continua a incidere drammaticamente sulla vita delle persone, sulle risorse economiche e umane del Paese; dall’altro, l’inevitabile presenza dell’elemento umano, fondamentale e centrale in ogni contesto lavorativo; con le sue potenzialità e con i suoi errori.

È su questo binomio delicato che voglio tirare le fila di questo ciclo di interventi dedicati ai Bias cognitivi, riconoscendo la necessità di un approccio che non solo valuti e comprenda i rischi, ma che soprattutto si concentri sulla prevenzione attiva, facendo leva sulla consapevolezza e sull’attenzione degli individui.

Dare un nome all’errore ci  consente di superarlo.

Immersi nel Bias dell’ancoraggio, ci aggrappiamo a informazioni iniziali, spesso irrilevanti, e le usiamo come punto di riferimento per valutare situazioni successive. Ciò può portare a giudizi e decisioni distorti, poiché non siamo in grado di allontanarci da quell’ancoraggio iniziale.

Mentre esploriamo le profondità del labirinto, ci imbattiamo nel Bias dell’overconfidence, che ci spinge a sovrastimare le probabilità di successo e a sottovalutare i rischi. Questa eccessiva fiducia può portarci a fare investimenti rischiosi o a intraprendere azioni avventate, ignorando le possibili conseguenze negative.

Nel cuore del Bias del “Senno di poi”, troviamo la tendenza a credere che avremmo dovuto prevedere un evento o che fosse ovvio dopo che è già avvenuto. Questa percezione può portare a una falsa sensazione di conoscenza e capacità predittiva, annullando il senso critico e il benefico effetto di fare tesoro dell’esperienza.

Al cuore del Bias dell’attenzione selettiva troviamo la tendenza a concentrare la nostra attenzione solo su informazioni che confermano le nostre convinzioni preesistenti, ignorando o minimizzando qualsiasi evidenza contraria. In tal modo, limitiamo la nostra capacità di valutare obiettivamente le nostre competenze e prendiamo decisioni animate da parzialità di vedute.

Nel cuore del Bias dell’adattamento, troviamo la tendenza a normalizzare la devianza. Tale adattamento può portare a una perdita di sensibilità verso gli indicatori di devianza o anormalità, e quindi ad una mancanza di risposta o correzione di comportamenti che potrebbero essere dannosi o indesiderati.

Ma non siamo stati soli nel nostro viaggio attraverso il labirinto dei Bias cognitivi. Il Bias dell’effetto Dunning-Kruger ci inganna facendoci sopravvalutare le nostre capacità e sottovalutare quelle degli altri. Questo ci spinge a fare scelte imprudenti e a ignorare le nostre debolezze, conducendoci verso l’illusione dell’autoconsapevolezza.

Apollo e Dioniso

Friedrich Nietzsche nel suo libro “La nascita della tragedia” rappresenta due principi o modi di esperienza fondamentali nella cultura e nell’esistenza umana: le forze apollinee e le forze dionisiache

 Apollo e Dioniso, stretta fra due ruoli, riflettono la complessità della condizione umana influenzata  profondamente da  come percepiamo il mondo e agiamo in esso.

Ogni persona è Apollo e Dioniso, ogni individuo possiede sia una parte razionale e controllata (Apollo) che una parte irrazionale e passionale (Dioniso).

L’uno attento alle regole, all’ordine, alla razionalità.

L’altro creativo, passionale, istintivo e imprevedibile

I Bias cognitivi possono essere considerati come manifestazioni delle forze apollinee e dionisiache nella mente umana, rappresentando sia la razionalità che l’irrazionalità nei processi decisionali.

Nel contesto della sicurezza, l’equilibrio tra questi due poli diventa cruciale.

L’apollineo rappresenta l’ordine, la razionalità, le regole, la forma e la chiarezza.

Mentre il dionisiaco rappresenta l’irrazionalità, l’estasi, il caos, l’ebbrezza e l’improvvisazione.

Troppo Apollineo porta a un eccessivo affidamento sulla razionalità e una mancanza di considerazione per le emozioni e le intuizioni.

Troppo Dionisiaco porta al rischio e alla pericolosità, perdendo di vista la razionalità e il buon senso.

L’equilibrio tra questi due aspetti è fondamentale per la completezza e la ricchezza dei ruoli.

Abbiamo bisogno di regole, ma anche bisogno di creatività e azione immediata in situazioni di pericolo.

Nel contesto della safety l’aspetto “apollineo” è associato a una serie di caratteristiche e pratiche che promuovono il controllo, la razionalità e l’ordine per garantire un ambiente sicuro e protetto

Nel contesto della sicurezza, l’aspetto “dionisiaco” può essere associato a elementi che rappresentano l’imprevisto, l’irrazionale e l’aspetto emotivo delle situazioni di rischio, la gestione delle emergenze.

Entrambi gli aspetti sono importanti per garantire un ambiente di lavoro sicuro e protetto.

Gli aspetti negativi dell’approccio “apollineo” e “dionisiaco” nella sicurezza emergono quando uno degli approcci è dominante a discapito dell’altro, oppure quando non c’è un equilibrio tra i due.

È in questo contesto che nascono comportamenti a rischio interpretabili e codificabili attraverso i Bias cognitivi di cui ho parlato ed esemplificato nei blog precedenti

Safety coaching

Il safety coaching si basa sull’idea che la sicurezza non sia solo una serie di procedure e protocolli, ma soprattutto una questione di atteggiamento e comportamento umani che permeano l’intera cultura aziendale. Supporto empatico e guidato per aiutare gli individui a raggiungere i loro obiettivi, facilitare il cambiamento e lo sviluppo personale, creando consapevolezza, responsabilità e autonomia.

Il safety coaching diventa pertanto uno strumento potente per gestire la nostra parte “apollinea “e la nostra parte “dionisiaca” e i Bias Cognitivi che ne scaturiscono.

È un profondo esercizio di consapevolezza individuale e collettiva che dovrebbe permeare la cultura aziendale.

Si concentra sull’empowerment individuale, incoraggiando i dipendenti a prendere responsabilità per la propria sicurezza e per quella dei loro colleghi.

Questo significa che la sicurezza non riguarda solo le azioni individuali, ma anche gli atteggiamenti e le credenze collettive, favorendo la condivisione delle conoscenze, la comunicazione aperta e la collaborazione per identificare e affrontare i rischi sul posto di lavoro in modo proattivo.

La sicurezza non è un prodotto, ma un processo continuo di coscienza, impegno e azione congiunta.

Il vero traguardo non è solo evitare gli incidenti, ma costruire una cultura in cui la protezione reciproca diventa un’abitudine condivisa.

Dare un nome ai nostri Bias ci consente di porvi attenzione ed evitare le trappole di una  cognizione parziale: è sostanzialmente questo il ruolo del safety coaching.

Conclusione

Quali strumenti abbiamo per abbattere gli infortuni nel mondo del lavoro e le morti conseguenti?

 La mia riflessione parte dal dato che le regole e i protocolli che normano la sicurezza sul lavoro in Italia sono numerosi e spesso non rispettati.

Più incidenti accadono e più regole vengono introdotte e puntualmente adempiute o delegate  con un’aria di grande “sopportazione” se non disattese.

Il procuratore Raffele Guariniello ritiene: “che la giustizia penale in Italia in materia di sicurezza sul lavoro non fa più paura a nessuno” e questo per ovvi motivi: lentezza, prescrizioni, mitezza delle condanne.

Si parla però di “paura” della punizione, non si parla di “consapevolezza”

È dimostrato in vari ambiti, da dati di fatto, che la severità delle punizioni non abbatte i fenomeni avversi. Di esempi ne potremmo fare

Non ci resta pertanto che agire sul fattore umano, come ultimo caposaldo, sul suo coinvolgimento proattivo, sulla sua maturità, sulla sua attenzione, sul suo empowerment

Lo studio delle forze centrifughe che agiscono sul comportamento del fattore umano nei luoghi di lavoro è un campo scarsamente esplorato.

I Bias cognitivi e il contrasto fra la razionalità Apollinea e la irrazionalità Dionisiaca, potrebbero sembrare argomenti distanti dal fenomeno infortunistico e quasi far sorridere gli addetti ai lavori.

Non credo però che questo sia giusto, perché la safety passa attraverso l’uomo, la sua consapevolezza e la sua partecipazione.  A tutti i livelli gerarchici.

Il safety coaching è uno strumento che deve entrare in questo contesto perché va alla radice del problema. Agisce sul ruolo dell’elemento umano.

Pur comprendendo anche elementi tecnici come procedure, attrezzature e infrastrutture, il focus principale è sul comportamento, la consapevolezza e l’attitudine degli operatori e dei lavoratori verso la sicurezza.

Come possiamo favorire che il safety coaching diventi una pratica diffusa e efficace in tutti i contesti lavorativi?

E, ancor più importante, come possiamo ispirare un cambiamento culturale profondo che metta la sicurezza e il benessere dei lavoratori al centro di ogni decisione e azione aziendale?

Ne parlerò nei prossimi blog……


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