Come non essere colpiti dalla successione dei gravissimi incidenti che avvengono sui luoghi di lavoro. L’impianto legislativo italiano ha avuto una sua evoluzione, spesso però i morti ci sono ma mancano i colpevoli.
Si parla sempre di mancanza di cultura del lavoro, un mantra che ha perso la sua potenza evocativa e che invece andrebbe recuperata, perché è esattamente di visione e di cultura il tema che andrebbe sviluppato.
Oltre ai danni alla persona, i costi trascinati da un infortunio sono enormi. La visione miope e la mancanza di ruolo nei responsabili ai vari livelli creano le premesse per l’inevitabile. È proprio in questo ambito che la pratica del coaching e specificatamente del coaching nel campo della safety potrebbe essere il seme per far fiorire la pianta della cultura. Il coaching infatti nelle sue linee fondamentali è una pratica di consapevolezza, di autonomia, di self empowerment nel momento della responsabilità, di progresso della persona nella funzione e nel ruolo, concetto quest’ultimo spesso abusato ma non ben vissuto.
L’imprenditore dovrebbe utilizzare lo strumento del coaching a vantaggio di sé stesso e dei suoi collaboratori, ne risulterebbe un’evoluzione anche nel suo operato perché la cura della persona, della sua salvaguardia, della sua organizzazione porterebbero a notevoli ricadute economiche di efficienza, di qualità, di motivazione, di appartenenza, di fedeltà e di pace sociale.
Tutto è basato sulla risorsa umana e sulla sua cura e in particolare il lavoro visto il contenuto personale identitario che al lavoro stesso viene attribuito.